Che sia una terra di mezzo, la Midlann, non è certo un mistero. Milano è letteralmente e geograficamente fra due fiumi, l'Olona e il Seveso.
“In mezzo” è ciò che apparentemente le si addice di più, in mezzo a odio e amore, in mezzo a passato e futuro, in mezzo a frenesia e quiete: è facile attribuire uno stereotipo a Milano.
Sarà per quell'aria un po' snob, con le guglie del Duomo che guardano il cielo, come se fossero ritagliate in un foglio di carta bianca (l'aveva detto bene Henric Heine), per la sua galleria magnifica così posh dove sembra di camminare nel paese dei Balocchi o per l'imponenza di un Castello con tanto di torrioni in centro città.
Banalizzare Milano è un attimo: la Milano sempre sveglia, la Milano che corre, la Milano del futuro, la Milano che lavora, la Milano frenetica.
Milano ha tanti volti, troppi per poterli descrivere tutti insieme. Milano per noi però non è “in mezzo”, è “al centro” e come tutto ciò che sta sotto i riflettori è passibile di giudizio.
Per una volta abbiamo voluto dimenticarci della Milano da bere e concentrarci sulla Milano da degustare: a raccontarla è stata Barbara Sgarzi, giornalista, comunicatrice e sommelier, in un ensemble di luoghi nuovi, che fanno scoprire una dimensione di quartiere (senza macchina!) che fa rimpiangere la sua Genova solo per il profumo del mare.
Vogliamo raccontare della Milano terra di opportunità e di incontri, quella che crea virtuosi esempi di businness, come il mitico Giannasi e il suo (irrinunciabile) polletto che dal 1967 delizia i milanesi, o le pause preziose di tè di La Teiera Eclettica e i dolci vegan (ma per tutti) di Fornovegano.
Un giorno re Giorgio (Armani) ha detto “Milano è 3 D: discrezione, disciplina e dovere”. Per noi Milano però di D ne ha quattro. Milano è donna, una città al femminile, fatta di storie vere, di donne che la raccontano e la vivono: c'è Nadja che guida i taxi, c'è Mimosa che cucina (spesso di notte), c'è Carmela che guida i tram e Ella che illumina le notti con strabilianti performance di burlesque. Non sono tutte Milanesi doc, ma hanno imparato ad amare la città facendo propri luoghi nuovi, ma soprattutto nuove opportunità.
Per capire Milano bisogna tuffarvisi dentro.
Tuffarvisi, non guardarla come un’opera d’arte.
(Guido Piovene, giornalista e scrittore)
Troppo dispersiva, troppo fagocitante, troppo “businness centered”, sarà forse per quell'enorme ago colorato che troneggia in piazza Cadorna, simbolo della ben nota operosità locale?
Eppur chi ci vive passeggia al parco Lambro, si commuove davanti all'Ultima Cena o si perde fra il reticolato di vie di Brera.
Milano è quella dei luoghi segreti, di quelli che non ci sono quasi mai sui siti, ma che bisogna ingegnarsi per scoprire, che tante volte nemmeno un milanese lo sa. C'è la bellissima chiesa di Sant'Eustorgio, ci sono le camminate al tramonto sui navigli o nella Biblioteca degli Alberi, che è il parco preferito di Emanuela Roncari, web editor di Milanosecrets (neanche a dirlo), o un passaggio a Casa degli Atellani, uno spot di architettura quattrocentesca senza cui “non si può lasciare Milano”, come dice Sibilla Milani, co-founder del sito.
A Milano ci sono le cascine vere, con tanto di orto e animali, nemmeno troppo lontani dal centro, che ci ha raccontato Samanta Cornaviera, i palazzi Liberty che convivono serenamente con architetture futuristiche o i luoghi sospesi nel tempo come via Rovani, tra Conciliazione e la Triennale, fra i tesori cittadini del giornalista Francesco Costa.
Carlo Castellaneta scriveva “Ci sono città di evidente bellezza che si danno a tutti, e altre segrete che amano essere scoperte. Milano appartiene a questa specie, al punto che riesce difficile stabilire le ragioni del suo fascino”. Odi et amo, proprio perché chi la odia non riesce a non amarla.
Milano ti insegna ad avere una tua personalità, a stare fermo su te stesso e costruire il tuo sogno, dice il flower designer Antonio Scaburri. E non c'è nulla di più vero.
Milano è anche cucina, quella del risotto giallo – che è sì con lo zafferano – ma vuoi mettere con il midollo? Quella dei mondeghili (o polpette che dir si voglia), della costoletta o del panettone, che è il vero profumo di Milano come dice il maestro Ernst Knam. Ma è anche quella dei dolci della nonna, come la Charlotte di mele, o dei nervetti, che a vedersi spesso non piacciono, ma sono buonissimi (insomma un po' come Milano)
E poi, chi dice Milano dice aperitivo (apericena, no, non ci piace proprio), che sia un negroni al Bar Basso o da Radezky, un calice di vino in un'enoteca nascosta, questo è quello che fanno i milanesi quando rallentano.
Perché Milan l'è un gran Milan. Anche quando va lenta.
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